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Per formare il canale di trasmissione condiviso dalle stazioni di una rete locale, si possono utilizzare diversi mezzi o media trasmissivi.

Tipicamente questi possono essere raggruppati in tre grandi categorie a seconda delle loro caratteristiche fisiche e del principio trasmissivo utilizzato: mezzi di trasmissione elettrici (l’informazione da trasmettere, flusso di bit) viene codificata mediante l’utilizzo di opportune tecniche e inviata sfruttando la conduzione elettrica dei materiali metallici), ottici (si utilizza la trasmissione o convogliamento di raggi luminosi attraverso un materiale dielettrico), e wireless LAN (WLAN) cioè senza l’utilizzo di supporto fisici (cavi) di trasmissione (in tal caso vengono utilizzati come mezzo di trasmissione le onde elettromagnetiche).

Alcuni mezzi trasmissivi storicamente utilizzati per la realizzazione delle reti viste in precedenza sono: il cavo coassiale, il doppino di rame incrociato e la fibra ottica.

A questi si è aggiunta in tempi recenti l’aria, utilizzata nelle reti wireless o non cablate.

Il cavo coassiale

E’ stato il primo tipo di mezzo trasmissivo utilizzato per la costruzione di reti locali. Oramai è stato del tutto abbandonato a vantaggio del doppino di rame (twisted pair).

In genere i cavi coassiali possono essere di due tipi:

  • cavo a 75Ω utilizzato solitamente per le antenne televisive, detti anche cavi di tipo Community Antenna TeleVision (CATV) oppure per la trasmissione analogico di dati in modalità banda-larga (broadband) mediante tecnica FDM (Frequency-Division Multiplexing);

  • cavo a 50Ω utilizzato per la trasmissione digitale di dati in modalità banda-base (baseband) per la realizzazione delle reti locali. Di seguito quando parlerà di cavi coassiali ci si riferirà a questa seconda categoria.

Un cavo coassiale è costituito da un conduttore centrale circondato da uno o più schermi (foglio di alluminio e/o calza metallica costituita da una treccia di sottili fili di rame, che agisce da gabbia di Faraday per la schermatura).

Esistono due versioni di cavo coassiale: cavo RG-213 detto anche cavo coassiale grosso o thick Ethernet (utilizzato per reti Ethernet IEEE 802.3 10Base5) e cavo RG-58 cavo coassiale sottile o thin Ethernet (utilizzato per reti Ethernet IEEE 802.3 10Base2).

La sigla RG è l’acronimo di Radio Grade ed indica una specifica militare USA che risale alla seconda guerra mondiale, nata per la normalizzazione di speciali cavi da utilizzare nelle trasmissioni radio.

Il cablaggio coassiale prevedeva la presenza di un connettore particolare per connettere il cavo (o meglio gli spezzoni o lanci di cavo) alla stazione di rete.

Nel caso di un cablaggio con cavo sottile si utilizzavano connettori chiamati BNC (British Navy Connector, così chiamati perché impiegati dalla marina inglese nella seconda guerra mondiale).

Ciascun lancio termina con un connettore femmina che viene innestato su un T-connector, cioè un connettore caratterizzato dalla presenza di una connessione femmina da utilizare verso la scheda di rete e due connettori maschio per i lanci.

Quando è necessario connettere tra loro due spezzoni di cavo si utilizzava un Barrell Connector (in pratica due connettori maschio agganciati tra loro) in modo da allungare il cavo.

A ciascuna estremità del cavo andava inserito un terminatore in modo da evitare il rimbalzo del segnale.

Uno dei principali problemi di questo cablaggio nasce dalla sua fragilità: la rottura del cavo trasforma ciascuno spezzone in un segmento indipendente, ma non terminato e quindi non funzionante.

In caso di rottura era necessario ispezionare il cavo in modo da trovare il punto di rottura, inserire ai due estremi un connettore femmina e unirli per mezzo di un barrel connector.

Per localizzare il guasto si utilizza uno strumento molto diffuso, il TDM o Time Domain Refractometer, un apparato in grado di stimare la distanza della rottura dal punto di misura, iniettando un segnale sul cavo e calcolando dopo quanto tempo si verificava il rimbalzo del segnale.

Il cablaggio con il cavo coassiale grosso presentava una serie di problemi aggiuntivi; innanzitutto la flessibilità del cavo stesso era molto bassa rendendo particolarmente complessa la posa dello stesso (per questo motivo il cavo thick veniva tipicamente utilizzato per il cablaggio verticale degli edifici).

Inoltre la connessione delle stazioni al cavo richiedeva l’utilizzo di connettori particolari detti Vampire Tap per la loro particolare forma: il cavo veniva perforato da alcuni “denti” che arrivavano a toccarne il nucleo prelevando il segnale.

Tuttavia molto spesso durante il cablaggio di queste “prese” si verificavano rotture del cavo se si esercitava una pressione eccessiva o contatti aleatori quando non veniva esercitata una pressione sufficiente.

Questi connettori venivano connessi alla porta AUI (Attachment Unit Interface) presente sulle stazioni mediante un cavo detto drop.

Il cablaggio con il cavo coassiale grosso veniva anche chiamato Yellow Cable a causa del colore utilizzato per realizzare i cavi di questo tipo.

A causa del loro costo, della scarsa flessibilità (utilizzabile solo in ambito LAN e televisione), della difficoltà nell’espansione della rete o nello spostamento di stazioni (lo spostamento di una stazione da un punto ad un altro della rete o l’aggiunta di una nuova stazione comportano un momentaneo arresto della rete) e soprattutto della fragilità del cablaggio (qualsiasi tipo di rottura provoca l’arresto di tutta la rete) il cavo coassiale è stato soppiantato dal doppino telefonico.

Rimane ancora utilizzato in applicazioni industriali particolari, dove la sua superiore schermatura al rumore elettromagnetico lo rende una scelta obbligata rispetto al doppino di rame; in queste situazioni si preferisce tuttavia la fibra per la sua completa insensibilità al rumore e le maggiori velocità ottenibili.

Il doppino di rame incrociato

Il doppino di rame utilizzato per realizzare connessioni LAN è identico a quello utilizzato per la telefonia e consiste di una coppia di fili di rame protetti da una guaina isolante e incrociati (ritorti o twisted), da cui il nome di twisted pair (TP).

Ciascuna coppia di fili costituisce un singolo canale o link di comunicazione per il trasporto delle informazioni utilizzando un ben determinato tipo di codifica ( in genere, per le reti di tipo Ethernet si utilizza la codifica Manchester).

La binatura (che prevede circa tre incroci per ogni pollice) permette di ridurre le interferenze elettromagnetiche in quanto, essendo le correnti che attraversano i due fili di uguale intensità e verso opposto, generano dei campi magnetici opposti che tendono ad annullarsi (evitando l’effetto “antenna”).

Il cavo TP più diffuso presenta un diametro da 22 a 26 AWG (American Wire Gauge) con una impedenza di 100 Ω.

Da notare che il valore del diametro espresso in AWG è inversamente proporzionale al valore espresso in mm; in altre parole, più alto è il valore del diametro in AWG e più è piccolo il suo diametro.

Per il collegamento tra le varie stazioni e i dispositivi di rete (Hub o Switch) vengono utilizzati dei connettori di tipo RJ-45 per reti Ethernet di tipo 10Base-T o 100Base-T che utilizzano 4 coppie di fili, ciascuna caratterizzata dalla prevalenza di un determinato colore.

In essa è indicato anche l’ordine di numerazione dei pin o contatti, all’interno della presa (femmina) e dello spinotto (maschio), a volte chiamato anche con il termine “pinnatura”, secondo le convenzioni stabilite dalla direttiva EIA/TIA 568B.

Attualmente sono utilizzate solamente due delle 4 coppie: la coppia 3 (verde) con i connettori 1 e 2 e la coppia 2 (arancione) con i connettori 3 e 6.

La scelta di utilizzare solamente le coppie 2 e 3 per il collegamento delle stazioni non è casuale, in quanto, in questo modo, i contatti 4 e 5 della coppia 1, utilizzati normalmente per connessioni telefoniche, rimangono a disposizione per essere utilizzati attraverso lo stesso cavo di rete 10Base-T.

TD indica Trasmit Data (TD+ la parte positiva e TD- la parte negativa del flusso di dati trasmesso verso la rete) e RD indica Receive Data (RD+ la parte positiva e RD- la parte negativa del flusso di dati ricevuto dalla rete).

Da notare che la sequenza dei colori dei singoli fili (ma non la numerazione) può cambiare a seconda della direttiva utilizzata (quelle americane delle organizzazioni no-profit EIA (Electronics Industries Alliance) e TIA (Telecommunications Industry Association) identificate dalle sigle EIA/TIA 568A o EIA/TIA 568B, oppure ISO/IEC 11801 (un’estensione internazionale emanata dalla commissione elettrotecnica IEC di ISO) così come anche il loro utilizzo per differenti tipologie di reti come mostrato nella tabella:

Pin EIA/TIA 568A EIA/TIA 568B Ethernet Token Ring FDDI
1 3 – Bianco Verde Bianco Arancione X X
2 3 – Verde Arancione X X
3 2 – Bianco Arancione Bianco Verde X X
4 1 – Blu Blu X
5 1 – Bianco Blu Bianco Blu X
6 2 – Arancione Verde X X
7 4 – Bianco Marrone Bianco Marrone X
8 4 – Marrone Marrone X

Come identificare se un cavo RJ-45 intestato è di tipo dritto (Straight), incrociato (Crossover) o ruotato (Rolled)?

Per identificare il tipo di cavo che si ha a disposizione è sufficiente prendere gli spinotti alle due estremità e metterle nello stesso verso (solitamente con l’aletta di bloccaggio verso il basso (in modo tale che i colori siano più visibili) e la punta dello spinotto rivolta nella direzione delle dita della mano.

Con queste convenzioni il pin numero 1 è quello più a sinistra.

A questo punto basta verificare la corrispondenza dei colori:

  • dritto: i colori dei fili sono nello stesso ordine da entrambe le estremità del cavo.

  • Incrociato: il primo colore (quello più a sinistra) di una estremità corrisponde al terzo alla estremità opposta.

  • Ruotato: i colori dei fili si presentano in ordine inverso alle due estremità.

Naturalmente per evitare errori è consigliato utilizzare un tester specifico per la verifica dei cavi LAN oppure un classico tester per misurare la continuità.

Fibra Ottica

L’utilizzo della fibra ottica (FO) nell’ambito delle reti di trasmissione dati, ed in modo particolare nelle reti locali di computer, si è diffuso a partire dall’inizio degli anni 90 del secolo scorso.

I vantaggi derivanti dall’utilizzo della FO nelle LAN sono i seguenti:

  • Vantaggi legati alle caratteristiche trasmissive:

    • bassa attenuazione (all’incirca dell’ordine di 0,1 dB/Km).

    • Banda di modulazione molto elevata, grazie alla possibilità di utilizzo di frequenze portanti fino all’infrarosso.

    • Prodotto Capacità * Passo (generalmente questo fattore viene espresso in Gbps * Km ed esprime la quantità di bit (throughput) che possono essere trasmessi nell’unità di tempo e per Km) molto elevato (dell’ordine di alcuni Gbps * Km).

    • Elevate capacità trasmissive: utilizzando le FO monomodali è possibile raggiungere bande trasmissibili di diverse centinaia di Gbps.

  • Vantaggi legati alle caratteristiche meccaniche:

    • dimensioni e pesi ridotti;

    • buona flessibilità ed elasticità;

  • Vantaggi legati alla natura dielettrica del mezzo:

    • immunità ai disturbi: le FO non ricevono disturbi di questo tipo in quanto non utilizzano materiali conduttori e trasportano particelle elettricamente neutre (fotoni);

  • Vantaggi legati al costo se valutato a lungo termine:

    • una volta proceduto con il cablaggio è possibile ottenere un aumento della velocità di trasmissione semplicemente sostituendo gli apparati elettronici sulle terminazioni della FO.

Per contro essa presenta alcuni svantaggi legati soprattutto ai costi dei dispositivi di rete oltre che dei cavi (anche se si stanno sempre di più abbassando) e alla difficoltà di posa in opera e di realizzazione di giunture e connettorizzazioni che richiedono personale altamente specializzato e l’utilizzo di macchinari specifici.

Ciò soprattutto nel caso di FO di tipo monomodali a causa delle ridottissime dimensioni rispetto a quelle multimodali, di uso sempre più comune in ambito, soprattutto di connessioni a livello di edificio e/o di comprensiorio.

Normalmente la FO viene utilizzata per cablaggi di tipo punto-punto, a causa delle difficoltà o impossibilità di effettuare delle inserzioni in punti intermedi.

Il principio di funzionamento della FO è basato sulla seguente osservazione: un raggio luminoso che incide su una superficie di interfaccia o separazione tra due mezzi con indici di rifrazione n1 e n2 diversi (con n1 > n2) viene in parte riflesso e in parte rifratto (trasmesso), secondo la legge di Snell (o legge dei seni):

n1*senα = n2*senβ

dove α è l’angolo di incidenza del raggio rispetto alla normale alla superficie di incidenza e β è l’angolo che il raggio rifratto forma con la stessa normale nel secondo mezzo.

Poiché n2<n1, β tende ad aumentare al crescere di α sino a quando si arriva alla condizione per cui si ha β = p/2, ovvero assenza di raggio rifratto.

In quest’ultima situazione si è in presenza del fenomeno di riflessone totale, in cui l’angolo di incidenza oltre il quale si ha assenza di rifrazione è αc = arcsin(n2/n1), generalmente indicato come angolo critico o limite.

La trasmissione della luce attraverso una fibra è quindi basata sul fenomeno della riflessione totale interna che si presenta quando una luce incide obliquamente sull’interfaccia tra due mezzi di diverso indice di diffrazione con un angolo più piccolo dell’angolo critico.

Per convogliare un raggio luminoso prodotto da una sorgente che può essere o un normale LED (nel caso di FO multimodali) o laser (in quelle monomodali) vengono utilizzate appunto le FO con la funzione di guide d’onda (wave-guide) dielettriche per frequenze che vanno dallo spettro visibile a quello infrarosso (frequenze intorno a 1014 e 1015 Hz e lunghezze d’onda da 760 a 1600 nm.

Per i sistemi di trasmissione a FO si utilizzano tre intervalli di lunghezza d’onda, dette finestre ottiche, per le quali risultano tecnologicamente ottimizzate sia le FO che i dispositivi trasmettitori e ricevitori. Tali finestre sono:

  • Prima finestra: 0,8<λ<0,9 mm;

  • Seconda finestra: 1,25<λ<1,35 mm;

  • Terza finestra: 1,5<λ<1,6 mm.

Inizialmente veniva utilizzata la prima finestra per la possibilità di reperire più facilmente sorgenti e rivelatori: infatti utilizzando fotodiodi e led al silicio si possono produrre fotoni con energia corrispondente ad una lunghezza d’onda di 0,8 mm.

Viceversa allo scopo di diminuire le perdite (nell’ordine di 0,1-0,5 dB/Km), le finestre più utilizzate sono la seconda e la terza.

Una FO è ottenuta mediante un sottilissimo filo di materiale vetroso “stirato” fino a dimensioni micrometriche.

In questo modo il vetro perde la sua caratteristica fragilità e diventa un filo flessibile e robusto. Quest’ultimo viene racchiuso in una struttura costituita da tre sezioni concentriche: il nucleo (o core) avente coefficiente di rifrazione n1 (tipicamente pari a 1,5) e il mantello (o cadding) con coefficiente di rifrazione n2 (tipicamente pari a 1,475) racchiusi da un rivestimento esterno plastico di protezione contro umidità, abrasioni, schiacciamento ed altri rischi ambientali.

Con gli indici di rifrazione sopraindicati si trova un angolo critico αc pari a 79,5 gradi.

Affinché il generico raggio colpisca l’interfaccia tra nucleo e mantello sempre con un angolo superiore al valore critico, è necessario che esso venga introdotto ad una estremità ottica entro un certo angolo chiamato “angolo di accettazione della fibra”, che si può dedurre sempre dalla legge di Snell.

L’insieme degli angoli di accettazione formano una superficie chiamata cono di accettazione della FO.

Un potenziale raggio iniettato nella fibra al di fuori del cono di accettazione andrà poi ad incidere sull’interfaccia nucle-mantello con un angolo inferiore al valore critico e si disperderà nel mantello a causa della rifrazione.

In genere si definisce, per semplicità di trattamento matematico, la seguente grandezza NA chiamata apertura numerica:

NA = (n22 – n12)1/2

il cui valore può variare tra 0,1 e 0,3.

Le FO possono essere distinte in due grandi famiglie: monomodali e multimodali.

Le FO multimodali sono caratterizzate dalle seguenti caratteristiche:

  • consentire una varietà di angoli di riflessione dei raggi luminosi.

  • Maggiori dimensioni: il diametro del nucleo può essere di 50 o 62,5 mentre quello del mantello può variare tra 125 e 150 μm.
    Normalmente per indicare le dimensioni di una FO si indicano le misure del nucleo e del mantello espresse in micron cioè in mm (1 micron = 1μm = 10-6m) separate da una barra, dove la prima misura si riferisce al nucleo e la seconda al mantello.
    Ad esempio: 50/125 μm oppure 62,5/125 μm.

A seconda della variazione del profilo dell’indice di rifrazione (a gradino o graduale) le FO multimodali possono a loro volta essere classificate in step-index o a gradino, nelle quali i raggi possono seguire qualsiasi direzione anche al di fuori del cono di accettazione e graded-index o graduali, nelle quali i raggi sono convogliati nel cono di accettazione.

Il numero M dei modi di propagazione per una FO multimodale può essere dedotto dalla seguente formula approssimata (con M>1):

M = 0.5*(λ*d*NA/1)2

Dove d è il diametro del nucleo, λ è la lunghezza d’onda della radiazione utilizzata ed NA è l’apertura numerica della FO.

Riducendo il diametro del nucleo fino ad arrivare ad un ordine di grandezza molto vicino a quella della lunghezza d’onda, si forza il passaggio di un singolo angolo o modo: quello assiale. Le fibre così ottenute vengono chiamate monomodali.

Normalmente si utilizzano valori di circa 4-10 μm per il diametro del nucleo e di 125 μm per quello del mantello e il profilo di variazione dell’indice è a gradino con andamento costante in corrispondenza del nucleo e decrescente, a gradino, in prossimità del mantello dove mantiene un andamento costante.

Volendo dedurre le dimensioni del nucleo (cioè quanto deve essere piccolo) al fine di ottenere una FO monomodale, si può utilizzare la seguente equazione approssimata:

d = 0,76*λ / NA

dove λ è la lunghezza d’onda della radiazione utilizzata ed NA l’apertura numerica.

Le FO monomodali sono preferite per trasmissioni a lunga distanza grazie alla loro ridotta attenuazione, assenza di dispersione ed ampia larghezza di banda.

Gli unici scantaggi sono legati alle loro ridottissime dimensioni ed alla elevata potenza richiesta per la produzione del segnale (utilizzo di laser), oltre naturalmente al costo.

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